sabato 14 giugno 2014

Frei Betto: non esiste la globalizzazione ma la globo-colonizzazione /Frei Betto: no existe globalización sino globocolonización


Luis Manuel Arce*

Non esiste la globalizzazione, questo è una menzogna, esiste la colonizzazione a livello globale
ed il governo degli Stati Uniti del presidente Barack Obama è stato molto negativo per il mondo perché ha perfezionato questo processo con interventi come quello in Ucraina”, ha affermato Frei Betto.

Così si è espresso il frate brasiliano in un’estesa intervista che ha concesso a Prensa Latina, approfittando la sua visita in Panama, dove è stato invitato dalla Fondazione Città del Sapere allo scopo di tenere una conferenza sul futuro dell’America Latina.

Facendo riferimento al tema, abbiamo potuto trattare con l’eccellente analista aspetti importanti che hanno permesso di fare valorizzazioni al di là della congiuntura attuale.

PL- Qual è il suo apprezzamento rispetto al governo del Presidente Obama, più positivo o più negativo degli altri anteriori nei confronti dell’America Latina?

FB- Io direi che è più positivo per l’America Latina, nel senso che Obama non ha nessuna conoscenza dell’America Latina, e neanche nessun altra sensibilità e perciò è stato meno aggressivo dei Bush, dei Reagan o degli altri.

Però è stato molto negativo per il mondo perché è un governo che ha perfezionato tutto il processo di colonizzazione in forma globale, facendo interventi come per esempio in Ucraina, in Siria, in Libia e negli altri paesi. E’ diventato la polizia del mondo.

Si è messo in un modo sfacciato al di sopra di tutte le leggi e dei trattati internazionali, non da nessuna importanza a questi accordi e non esiste la forma di fermarlo.

Fortunatamente non siamo più quel gregge di pecore che abbassava la testa davanti al Pastore della Casa Bianca, oggi abbiamo più sovranità, più indipendenza e più chiarezza circa le vie che vogliamo prendere per garantire la libertà.

PL- Prendendo come ago della bilancia lo stesso governo di Obama, cosa pensa lei sulla correlazione delle forze politiche in America Latina? E’ favorevole o contrario agli Stati Uniti?

FB- Direi che la correlazione delle forze è abbastanza sfavorevole per gli Stati Uniti per la posizione di tutti i capi di Stato latinoamericani che sono identificati con i poveri e sono eletti democraticamente.

E’ un processo cominciato con l’elezione del Presidente Hugo Rafael Chavez nel 1998 ed ora lo continuano molti capi di Stato dell’America Latina che unanimemente appoggiano Cuba e sono contro l’embargo degli Stati Uniti.

Obama e i Leader della Casa Bianca si sono resi conto di che ormai non possono trattare l’America Latina come lo facevano negli anni 60 o prima e devono essere molto preoccupati per questo
squilibrio. Ormai l’America Latina ha smesso di essere il cortile posteriore della Casa Bianca ed i paesi che erano legati agli Stati Uniti si sono emancipati come Panama nel 1999 e ora manca solo Porto Rico per liberarsi dalla tutela statunitense per completare questo processo di liberazione dalle fauci dell’impero.

E’ perciò che credo che la correlazione delle forze sia oggi più favorevole per noi i progressisti che quando gli Stati Uniti non solo mettevano i piedi nei nostri paesi, ma promuovevano golpe militari  fascisti che hanno avuto un costo umano, politico ed economico molto alto per l’America Latina.

PL- Quali sono i principali pericoli che insidiano l’America Latina che potrebbero cambiare questa correlazione delle forze contraria agli Stati Uniti?

FB- Dunque, il principale è la contraddizione in cui viviamo, l’avere politiche progressiste con un’economia capitalista, cioè, non abbiamo ancora trovato un modello economico post capitalista che permetta di  fare un passo dal capitalismo a un’economia più solidale, più cooperativa, più popolare.

Questo è un nodo molto preoccupante che non si può ancora risolvere, ma anche la mancanza di un lavoro più intenso di concentrazione e di organizzazione politica soprattutto nei settori popolari e con i giovani.

Credo che non si facciano passi avanti nella politica solo con degli slogan e con delle politiche sociali più positive rispetto ai giovani, c’è anche bisogno di un altro tipo di alimento per i poveri, che sia un alimento spirituale, ideologico, educativo per fare sì che la gente, capisca il significato di questo processo e vada avanti verso un futuro di giustizia e di pace.

PL- Non crede che gli strumenti d’integrazione che si sono creati nella regione, e non solo quelli economici e commerciali, potrebbero contribuire ad andare verso il futuro di giustizia e di pace che lei indica?

FB- Sì, io credo che sia molto importante questa moltiplicazione di organismi, il problema è che per adesso tutti loro sono superstrutturali ed il futuro non si trova tanto in questi organismi, ma nella maniera in cui la gente osserva questo processo.

La gente può solo sopportare le difficoltà, qualsiasi che siano, se capisce la ragione per cui bisogna affrontarle e tante volte non c’è una consapevolezza di questo processo e la gente che è beneficiata dal punto di vista economico, non ha una coscienza politica di che cosa significa.

Perciò bisogna valutare gli strumenti creati, incluso quelli mediatici come TeleSur, stare attenti e fare un lavoro di base giustamente per mantenere viva e attiva l’organizzazione popolare con un processo intenso d’educazione del popolo.

Non credo che al di fuori di questo contesto possiamo sperare che la gente assuma una posizione progressista da sola nel mondo di oggi che in generale è ogni volta più di destra.

Nel Parlamento Europeo le forze di destra sono cresciute molto, non ci sono forze di sinistra, ciò che è un peccato perché l’Europa nel secolo XX ha avuto una forte tradizione di sinistra, incluso in Italia, e nel mondo socialista europeo.

Ora in pratica l’unico continente che ha la speranza di un futuro è l’America Latina, e la responsabilità che abbiamo è dare priorità e preservare questo processo progressista, però questo non si raggiunge solo  con degli slogan e con l’avanzata elettorale. Ci occorrono radici più profonde, soprattutto nelle reti sociali che sono molto manipolate dai conservatori, dai capitalisti, dalla destra e perciò la responsabilità che abbiamo di approfondire il lavoro politico ed educativo.

PL- Sul piano economico ci sono molti fantasmi che circondano l’integrazione latinoamericana. Con l’Alleanza del Pacifico Lei lo considera così?

FB- Sì, certo, però questa schizofrenia di cui ho parlato prima rispetto a che abbiamo una politica progressista nella maggioranza dei paesi con una economia conservatrice puramente capitalista, è il più pericoloso, anche se  il vantaggio è che c’è più solidarietà tra i paesi dell’America Latina dal punto di vista economico.

C’è credito, ci sono delle facilità nel commercio dei prodotti, c’è un’integrazione economica molto più significativa che nelle decade anteriori, però con tante difficoltà per mantenere bassa l’inflazione per attualizzare annualmente gli stipendi e soprattutto per creare possibilità alle piccole e mediane ditte private senza che questo sia il seme di un processo capitalista mostruoso.
 
Perciò siamo davanti a una sfida molto forte, come quella di creare un’economia compatibile con queste politiche progressiste, con questi aneliti popolari di governi come quello di Dilma in Brasile, di Mujica in Uruguay, quello di Evo in Bolivia, di Maduro in Venezuela, di Correa in Ecuador e così via in altri paesi.

PL- Parlando dei paesi dell’America Latina. Cosa sta accadendo in Venezuela e perché?

FB- Dunque, la prima cosa da tenere in conto è che il Venezuela è il principale focus del sovvertimento statunitense in America Latina, e succede una cosa molto semplice ed è che Venezuela è il secondo fornitore di petrolio degli Stati Uniti dopo l’Arabia Saudita.

Succede che affinché un barile di petrolio che venga dall’Arabia Saudita  arrivi negli Stati Uniti ci vogliono 45 giorni, ed uno fornito dal Venezuela arriva in quattro giorni, perciò la differenza di prezzi è enorme tra l’uno e l’altro.

Perciò tutto quello che gli Stati Uniti possano fare per destabilizzare la rivoluzione Bolivariana continueranno a farlo e non possiamo essere ingenui.

Il Venezuela conta sulla solidarietà di tutti i paesi della Comunità degli Stati  Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC) e questo è molto positivo, sia una

solidarietà attiva come quella di Cuba, del Brasile, o passiva da parte dei paesi che almeno non condannano, né sono contrari al governo di Maduro, però che si mantengono in silenzio perché hanno degli interessi con gli Stati Uniti. 

Però, io credo che ci sia anche una forte sfida interna che richiede un lavoro politico intenso soprattutto con i giovani.

Penso che ci sia una cosa che non si sta facendo adeguatamente in Venezuela ed è il lavoro politico con il movimento studentesco, un lavoro di organizzazione di base che faccia sì che i giovani capiscano il processo Bolivariano con più profondità, più coscientemente e con più partecipazione.

PL- E nel caso del Brasile, che è diverso da quello del Venezuela.  Perché queste manifestazioni? Se non sono contro il governo, quindi perché ci sono?

FB- Allora, veramente la situazione del Brasile è diversa da quella del Venezuela, lì si è andato molto avanti negli anni del governo del Partito dei Lavoratori, però è stato un governo madre dei poveri e padre dei ricchi, e non so fino a quando sopravvivrà questa contraddizione.

Quest’anno abbiamo delle elezioni, io sono sicuro di che Dilma verrà rieletta, anche se abbiamo sempre paura perché l’opposizione può ritornare al governo.
  
Perché se da un lato il Partito dei Lavoratori ha promosso un forte inserimento economico dei poveri, dove 55 milioni di persone sono state beneficiate con miglioramenti effettivi dal punto di vista economico, è anche un governo che non fa politica con il popolo, per più paradossale che sembri.

Vuol dire un governo che non ha tentato né tenta ancora di fare un lavoro politico, di valorizzare i movimenti sociali e sindacali e perciò le manifestazioni e perciò i ragazzi per strada e nel mondiale di calcio continueranno a fare le loro richieste cercando di  raggiungere un posto politico perché vogliono partecipare, però non sanno come né che cosa proporre.

Allora questo può divenire un caos nel futuro di cui si potrà approfittare la destra.

PL- Fino a dove abbiamo capito non è un movimento contro il governo, ma si esige una maggiore partecipazione nei processi e nelle decisioni ufficiali. Non è così?

FB- Sì, è così, ciò che succede è che il governo si è sbagliato facilitando al popolo di Brasile l’accesso ai benefici personali, un auto, crediti, frigorifero, televisione, ogni casa nei quartieri dei poveri ha tutto, però continuano vivendo nelle favelas e non hanno benefici sociali.

E quando loro esigono miglioramenti sociali il governo dice che non ha i soldi, però non si spiega perché ci sia per la Coppa del Mondo ed hanno costruito degli stadi sportivi enormi che sono costati milioni e milioni di dollari.

Però la gente non ha un’educazione di qualità, né il trasporto pubblico, né la sanità, né una casa decorosa e perciò le proteste, giacché il governo dice che non ha i soldi, ma quando arriva la FIFA appaiono tanti soldi che sembra che siano caduti dal cielo, allora qui c’è il problema.

La gente non è contro il governo, ma esprime il suo disaccordo con l’amministrazione che non ha dato priorità al miglioramento della qualità di vita e alla situazione sociale del paese.

PL- E nel caso della Colombia, dove è successo che per sorpresa di molti l’estrema destra è in una situazione vantaggiosa, come se solo la minoranza della gente avesse votato per il processo di pace?

FB- Bene, il problema della Colombia un po’ è il riflesso di tutta questa politica imperialista di cui abbiamo parlato, di fare sì che la gente cambi la libertà per la sicurezza e la propaganda della paura è efficace e perciò c’è della gente che finisce favoreggiando la destra e non il processo di pace.

Però io ho la speranza di che il processo di pace sarà quello che vincerà, perché non c’è un’altra uscita, ed incluso agli stessi Stati Uniti non interessa più continuare incrementando questa guerra e per loro è meglio il processo di pace, perciò penso che alla fine vinceranno quelli che optino per la pace.
*corrispondente di Prensa Latina in Panamà



Frei Betto: no existe globalización sino globocolonización

Por Luis Manuel Arce

Ahora, yo creo que también hay un desafío interno en Venezuela fuerte que requiere un trabajo político intenso sobre todo con los jóvenes.

Yo creo que algo que todavía no se hizo debidamente en Venezuela es un trabajo político con el movimiento estudiantil, un trabajo de organización de base que lleve a los muchachos a comprender el proceso bolivariano con más profundidad, más conciencia y más participación.

PL.- Y en el caso de Brasil, que es diferente al de Venezuela, ¿por qué esas manifestaciones? Si no son contra el gobierno, ¿por qué se producen entonces?

FB.- Bueno, en verdad lo de Brasil es diferente a Venezuela, allí se ha avanzado mucho en los años de gobierno del Partido de los Trabajadores, pero ha sido un gobierno madre de los pobres y padre de los ricos, y hasta cuándo esa contradicción va a sobrevivir no sé.

Este año tenemos elecciones, yo estoy seguro que Dilma va a reelegirse, aunque uno siempre tiene sus temores porque la oposición puede volver al gobierno.

Porque si por un lado el Partido de los Trabajadores ha promovido una fuerte inserción económica de los pobres donde 55 millones de personas han sido beneficiadas con mejorías efectivas desde el punto de vista económico, es también un gobierno despolitizante por más paradójico que te parezca.

Es decir, un gobierno que no trató ni trata de hacer todavía un trabajo político de valorar los movimientos sociales y sindicales, y por eso las manifestaciones, y los muchachos en las calles y en el mundial de fútbol van a seguir en sus demandas de lograr un lugar político porque quieren participar, pero no han sido convocados ni movilizados, y esa es la preocupación porque ellos saben por qué protestar pero no saben cómo o qué proponer.

Entonces eso puede ser un caos en el futuro que puede ser aprovechado por la derecha.

PL- Hasta donde tenemos entendido no es un movimiento contra el gobierno, sino en demanda a una mayor participación en los procesos y decisiones oficiales ¿es así?

FB.- Sí, es así, lo que sucede es que el gobierno ha cometido el equívoco de facilitar al pueblo de Brasil acceso a los beneficios personales, un coche, créditos, nevera, televisión, cada casita en las fabelas tiene de todo eso, pero siguen viviendo en la fabela y no tienen beneficios sociales.

Y cuando ellos reclamaban mejoras sociales el gobierno decía que no tenía dinero, y de súbito para la Copa del Mundo sí hay y han construido estadios deportivos enormes por millones y millones de dólares.

Pero la gente no tiene educación de calidad, transporte público, sanidad, vivienda decorosa, y de ahí las protestas, pues cómo dices que no tienes dinero y cuando viene la FIFA empieza a aparecer tanto dinero como si cayera del cielo, entonces ahí está la cosa.

La gente no está contra el gobierno, pero está manifestando su desacuerdo con la administración que no priorizó el mejoramiento de la calidad de vida y la situación social del país.

PL.- Y en el caso de Colombia, qué ha ocurrido que, para sorpresa de muchos la ultraderecha sale mejor parada como si la gente hubiera votado minoritariamente por el proceso de paz?

FB.- Bueno, el problema de Colombia es un poco el reflejo de toda esta política imperialista de la que hemos estado hablando, de hacer que la gente vaya cambiando la libertad por la seguridad, y la propaganda del miedo es eficaz y por eso hay gente que termina favoreciendo a la derecha y no al proceso de paz.

Pero yo tengo la esperanza de que el proceso de paz es el que va a ganar, porque no hay otra salida, e incluso a los propios Estados Unidos no les interesa más seguir incrementando esa guerra y les es mejor el proceso de paz, y por eso pienso que al final ganan los que opten por la paz.

lma

*corrispondente di Prensa Latina in Panamà


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